savia, costumata, ed atta a governare un regno", I,3 )
per sottolineare la sua virtù. Anche la scelta del nome rivela la volontà dell'autore
di introdurre, nel contesto vuoto e negativo della commedia, una figura che rappresenti un
modello ideale: si chiamava, infatti, Lucrezia, nella testimonianza dello storico romano
Tito Livio, la matrona che, rispettosa dei "prisci mores", non si era lasciata
indurre,"ut regias nurus"(I, 57, 9), ai piaceri dell'ozio, mostrandosi come vero
esempio di virtù.
La virtù della Lucrezia della "Mandragola" consiste, invece, in quella qualità
chiamata da Machiavelli duttilità, la capacità, cioè, di saper adeguare il proprio
agire alle circostanze favorevoli o avverse volute dalla fortuna.
Donna di salde doti morali, in un primo momento non sente ragioni valide che la possano
convincere a sottostare al progetto di Nicia, nemmeno quelle addotte da fra' Timoteo ("
ma di tutte le cose, che si son tentate,
questa mi pare la più strana, di avere a sottomettere el corpo mio a questo vituperio, ad
esser cagione che uno uomo muoia per vituperarmi: perché io non crederrei, se io fussi
sola rimasa nel mondo e da me avessi a risurgere l'umana natura, che mi fussi simile
partito concesso", III,10). Ma la forza persuasiva delle parole della madre e di quelle, sempre più incalzanti, del frate (" Io vi
giuro, madonna, per questo petto sacrato, che tanta conscienzia vi è ottemperare in
questo caso al marito vostro, quanto vi è mangiare carne el mercoledì, che è un peccato
che se ne va con l'acqua benedetta ", III,11) la inducono ad assecondare, pur non
ritenendolo moralmente lecito, il progetto del marito.
Poi, però, ella stessa diventa artefice della propria fortuna, quando, venuta a
conoscenza dell'inganno ordito da Callimaco per incontrarla, decide di raggiungere la
felicità che, prima, non aveva avuto l'opportunità di conoscere ("quello che 'l ciel vuole che io accetti...",V, 4).
Lucrezia non è un personaggio passivamente sottoposto alla volontà altrui, come è
stata presentata da alcuni critici (per es. Sasso), ma accetta la fortuna, "una forza
troppo impetuosa perché ci si possa opporre", e ad essa si adegua, riconoscendo,
nella duttilità, la "suprema forza di saggezza".
Enrico Bissolo e Elisa Dompieri |