Grandi classici. Antonio #LaPenna dispiega l’intero arco della vita e delle opere ovidiane così intimamente intrecciate fra loro. E conferma che la poesia del Sulmonese fu veicolo di diletto, emozioni e sensazioni

#Ovidio s’abbandonò agli «#Amores»

di Carlo Carena (Il Sole Domenica 24/6/18)

Pochi poeti hanno conosciuto una fortuna così ampia e continua fra i lettori e gli studiosi come Ovidio. Vi si appassionarono gli entusiasti delle imprese eroiche e degli intrighi dei salotti, i cultori delle fantasie mitologiche e gli osservatori dei calendari, scrittori sventurati e cicisbei come lui. Pierre Bayle nel profilo che traccia in parecchie pagine del Dictionnaire historique, fra imbarazzato e insicuro in mezzo a tante cose, comincia col dirlo dedito furiosamente ai piaceri venerei e, non pago di ciò e forte di eccezionali attitudini e di vastissime esperienze personali, ad ammaestrare gli altri nell’arte di amare e di farsi amare, erigendo a sistema «una scienza perniciosa» di cui già la natura stessa impartisce fin troppe nozioni e che «ha per fine il disonore delle famiglie, principalmente dei poveri mariti».

E poiché egli fin da giovane ebbe una capacità altrettanto straordinaria di versificazione, per cui gli riusciva più spontaneo parlare in versi anziché in prosa, egli trattò altri generi poetici ancora, oltre a quello erotico-sentimentale: il lamento querulo e la triste elegia, la novella e la satira e l’immensa cupola delle favole mitologiche, nelle Metamorfosi, ritenuta da lui stesso «la sua opera più bella, e alla quale affidò principalmente l’immortalità del suo nome».

Si ripensa e si ritrova tutto ciò nelle folte pagine che al poeta di Sulmona dedica, nella prima parte del secondo volume di un panorama della letteratura latina nel regno di Augusto (il primo volume è del 2013) un maestro della poesia latina augustea, Antonio La Penna.

Il sottotitolo tradisce anche il suo imbarazzo di fronte al protagonista: Relativismo dei valori e innovazione delle forme. In Orazio e l’ideologia del principato, opera di polso straordinario, del ’63, La Penna indicava Ovidio come uno degli autori, o dei responsabili per e con la frivolezza, di quello «svuotamento degli ideali della vita pubblica» proprio del suo tempo come di altri nel corso della storia. Qui, «dopo una vita di studi», ripetutamente ovidiani (l’edizione critica dell’Ibis è del ’57), e pur riconoscendo certi eccessi nelle proprie riserve verso quella poesia, La Penna ne ribadisce la debolezza e l’inferiorità rispetto al contemporaneo Virgilio, con cui spesso è posto a confronto, per la loro visione della poesia e della sua funzione: la poesia come un bisogno irresistibile di comunicare valori morali e religiosi, sentimenti e ideali, oppure come un veicolo di diletto e di meraviglie, semplici emozioni e sensazioni. La prima schiera è anche quella di Lucrezio e Dante, Shakespeare e Leopardi, la seconda, col Nostro, di Marino e dei romanzi rosa e di avventure, una letteratura di semplice intrattenimento, del passato e di oggi, che soddisfa essenzialmente il bisogno dell’uomo, dell’autore non meno che del lettore, di diletto e svago.

Certo nell’opera ovidiana ci fu molto di nuovo e di proiettato appunto per sua natura nel futuro letterario e anzi dell’arte tout-court, pittura, scultura eccetera. Fu un’intuizione della sua sensibilità, che introdusse nell’universo plastico e tetragono del classicismo i brividi delle passioni e delle creazioni individuali. Il volume di La Penna dispiega l’intero arco della vita e delle opere ovidiane, così intimamente intrecciate fra loro da esserne un reciproco specchio e motore; le accompagna, l’una e le altre, con la critica filologica più agguerrita, con puntualità di dati e di date, e col vigore della parola descrittiva e critica. I sottotitoli dei capitoli sono essi stessi incisivi e significativi, indicando valori e difetti, certezze e difficoltà: Il tramonto dei valori assoluti dell’eros; La banalizzazione del pathos e Lo stile per una poesia moderna negli Amores; Un nuovo genere letterario e Lo sperimentalismo di Ovidio per le lettere amorose delle Heroides; Pathos e sensualità per l’Ars amatoria. A cui seguono alcune pagine amene sulla vita galante di Roma in quell’età, raccomandabili esse stesse, come La Penna raccomanda quell’opera ovidiana «a chi si annoia (per ragioni più che comprensibili) a seguire il galateo amoroso dell’Ars».

E così avanti di pari passo alle Metamorfosi in tutte le loro trame e articolazioni, frutto del piacere del novellare e dello spettacolare, del costruire e dello stupire, dell’emozione dell’orrido; poi ai Fasti, «una meravigliosa serie di arazzi» ispirati e ricamati col medesimo piacere di raccontare delle contemporanee Metamorfosi, e dove la storia di Roma – anche lì – attrae il poeta finché dura l’età favolosa, quella dei Sette Re, per incanalarsi meno sentita nel resto, della storia vera e propria. Infine, pietosa conclusione, la poesia dell’esilio fra i geli e i barbari del Mar Nero piombato come un fulmine a ciel sereno sul poeta nell’8 dopo Cristo e durato implacabilmente fino alla morte dieci anni dopo.

Quale posto assegni tutto ciò al Sulmonese nella poesia latina al suo apice è indicato da La Penna in una pagina, sintesi quasi anticipata di questa summa, negli sbrigliati Aforismi e autoschediasmi (1958-2004), del 2005. Ovidio, vi si legge, impersonò nel classismo augusteo la «fregola della modernità. Sentiva come un vecchiume la morale arcaizzante del regime, sperimentava forme nuove; ma lo svuotamento dei vecchi valori non significava affermazione di nuovi valori impegnativi, passione di lotta per il cambiamento; era il passaggio alla leggerezza, al gioco dell’ingegno, nel migliore dei casi dell’immaginazione, non lontano dalla futilità». Per cui alla fin fine ed esperito ogni tentativo, se pur Ovidio «nella letteratura dell’intrattenimento ha pochi eguali ed è stato nel suo genere un maestro per i poeti moderni, dopo aver trovato molte buone ragioni per valorizzarlo, preferisco di gran lunga leggere Virgilio». Il tutto detto in un contesto nel quale l’Autore sta parlando della modernizzazione e dei suoi slogan nel nostro tempo.

Ovidio

Antonio La Penna

Edizioni della Normale,

Pisa, pagg. 432, € 40

Lascia un commento