Il #digitale #cinese non è una copia

di Biagio Simonetta (Il Sole 24/9/17)

La Cina avanza e incalza gli Stati Uniti: oggi aziende come Alibaba, Baidu, Tencent e Huawei guidano lo sviluppo tecnologico

Esiste una galassia tecnologica composta da giganti come Google, Facebook, Amazon, Microsoft e Apple. E poi esiste la Cina. La partita più importante su dati, intelligenza artificiale e robotica, si gioca tutta qui, sul binario invisibile che lega la Silicon Valley a Pechino. Ed è una sfida destinata a determinare i nuovi equilibri geopolitici.

Secondo diversi analisti, con il lancio del nuovo iPhone la capitalizzazione di mercato di Apple potrebbe toccare quota mille miliardi di dollari, eguagliando il Pil di un Paese come il Messico. Numeri che ci obbligano a riflettere sull’importanza strategica di certe aziende, oggi. E non è solo un fatto di dollari e finanza. Basta ricordarsi dello scontro fra l’azienda di Cupertino e l’Fbi per lo sblocco dell’iPhone del terrorista di San Bernardino per intuire che siamo davanti a qualcosa che va al di là delle dinamiche semplicemente aziendali. Oggi una manciata di big company si contende il pianeta e la quasi totalità dei nostri dati. E di fianco ai colossi americani stanno crescendo prepotentemente quelli cinesi. Secondo una recente indagine di Kpmg, nel corso dei prossimi quattro anni Shanghai e Pechino saranno tra i “Top 10 Innovation Hubs” al mondo. All’interno dello stesso studio, Stati Uniti e Cina sono identificati come i mercati più all’avanguardia, capaci di influenzare l’innovazione tecnologica globale.

L’immagine della Cina fabbrica del mondo, degli opifici sempre aperti e delle metropoli avvolte dai fumi industriali è superata. Il miracolo cinese della manodopera a basso costo appartiene al ventennio che ci stiamo mettendo alle spalle. Davanti c’è un Paese che ha necessità di cambiare e innovare, trainato da giganti tecnologici pronti a competere con i rivali statunitensi sul piano dell’innovazione, oltre che su quello finanziario. Alibaba e Tencent sono le aziende tecnologiche più fiorenti del macrocosmo cinese. La loro capitalizzazione di mercato è ormai costantemente sopra i quattrocento miliardi di dollari. Tallonano da vicino nomi come Google, Facebook e Amazon. E la loro forza non è la manodopera a basso costo, ma l’innovazione.

Alibaba è considerata da molti la Amazon cinese, anche se a guardare i numeri Amazon più che un modello sembra uno dei suoi competitor. Alibaba è l’autentico padrone dell’ecommerce cinese: ogni cinque dollari spesi per un acquisto online in Cina, quattro finiscono nelle tasche Alibaba. Il suo Ceo, Jack Ma, è per gli analisti un innovatore del calibro di Jeff Bezos, e ha fondato un impero dalla sua passione per il commercio elettronico. Nel 1998, con 60mila dollari in tasca, ha lanciato il sito Alibaba.com. Oggi è nella classifica dei primi venti super ricchi al mondo con un patrimonio stimato di 37,6 miliardi. Il suo Alibaba può contare su oltre 400 milioni di buyer attivi. Ma negli ultimi anni, proprio come Amazon, la focalizzazione si è spostata dall’ecommerce ai nuovi business come il cloud. Gli investimenti sono stati importanti, e il ritorno sulle revenue è stato formidabile: le entrale del comparto cloud computing per il secondo trimestre del 2017 sono cresciute del 96% a 359 milioni di dollari, con un balzo dei clienti di questo servizio del 75%, per oltre un milione di unità. Altro settore su cui Ma ha puntato fortemente è quello dei pagamenti digitali. La piattaforma Alipay è molto apprezzata dalle giovani generazioni dato che l’80% della customer base del servizio ha meno di 45 anni.

I pagamenti digitali spopolano anche nel business di Tencent, società di investimento molto attiva in ambito gaming, che ha sposato da un po’ di tempo il mercato del mobile payment. Se nella Repubblica Popolare le vendite tramite smartphone superano i 500 miliardi di dollari è soprattutto grazie all’innovazione delle sue big company. La holding con sede a Shenzhen è proprietaria della famosa applicazione di messaggistica istantanea WeChat, che è anche la più diffusa del Paese con circa un miliardo di utenti. Una leadership spinta anche da Pechino, che ha più volte danneggiato WhatsApp, la rivale più diretta, con blocchi tipici del protezionismo cinese. L’applicazione sviluppata da Tencent consente di fare un po’ tutto con lo smartphone. È un mix di funzioni simili a Facebook, WhatsApp e Skype, tutti in un’unica applicazione. Le operazioni possibili sono tante: dal classico scambio di messaggi (scritti, vocali con foto e video), alle conference call, fino alla condivisione di articoli in stile social network. Ma il vero punto di forza di WeChat è il mondo dei pagamenti digitali. Attraverso la App sono possibili non solo lo scambio di denaro fra privati (in modalità peer to peer), ma anche le transazioni finanziarie fra utente e aziende. I cinesi, attraverso WeChat pagano bollette, biglietti del treno, multe, acquisti online e anche il ristorante. Di recente anche l’italiana Coop ha siglato un accordo con l’applicazione di Tencent per la vendita online.

Tencent, insieme ad Alibaba e ad altri big come Huawei, è anche fra i protagonisti dell’esplosione dei Big Data, uno dei pilastri della “nuova normalità” disegnata dal presidente Xi Jinping. La rivoluzione dei dati sta trasformando l’urbanizzazione della regione del Guizhou, già ribattezzata “Big data valley”. Negli ultimi tre anni sono state più di 400 le società che hanno trasferito qui le loro strutture dedicate ai Big Data. Uno degli esempi migliori arriva da Foxcoon, colosso della produzione elettronica in Cina: la multinazionale proprio nel Guizhou ha costruito il suo Green Data Tunnel, un’enorme struttura contenente 7mila server raffreddati naturalmente dai venti che attraversano le montagne.

Analizzando il successo delle big tecnologiche cinesi non si può fare a meno di menzionare quello che ormai molti anni fa è stato ribattezzato “The Great Firewall”. I circa 750 milioni di cittadini cinesi che navigano quotidianamente su Internet sono stretti nella morsa di una censura governativa molto forte. Nel Paese del Dragone alcune piattaforme come Google e Facebook sono inutilizzabili. E il successo delle piattaforme autoctone molto spesso è legato a questo fattore. L’esempio più lampante è quello relativo a Baidu, motore di ricerca più utilizzato del Paese con quasi 65 miliardi di dollari di capitalizzazione. L’algoritmo dell’azienda raccoglie i dati di oltre mezzo miliardo di persone. Per Google la guerra con Pechino si è chiusa ormai molti anni fa. Storia simile riguarda Uber. Dopo mesi di lotte, la succursale cinese dell’azienda Californiana è stata incorporata in Didi Chuxing, principale rivale nel mercato del ride sharing nel Paese del Dragone. Formalmente è nata una nuova società, ma in realtà Uber ha solo una partecipazione del 20 per cento.

Una delle aziende chiave della Cina innovatrice è senza dubbio Huawei. La società con sede a Shenzhen ha ingranato la marcia dell’innovazione in ambito smartphone. E lo ha fatto grazie a investimenti in ricerca e sviluppo che fino a qualche anno fa il modello cinese non prevedeva. Huawei, che sta spingendo forte anche sulle tecnologie per il 5G, è uno degli esempi più fulgidi di come l’industria cinese stia guardando con estreme interesse verso la smart manufacturing. Dati, robotica e intelligenza artificiale cambieranno il mondo industriale. La manodopera a basso costo rischia di diventare un vantaggio senza più appeal. Di tutto ciò a Pechino sono coscienti. Per questo la nuova rotta è quella della vera innovazione.

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