#Socrate sempre fuori luogo

La sua stranezza colpì i suoi contemporanei molto profondamente e spiega anche perché decise di non sottrarsi alla condanna a morte

Gianluca Briguglia (Sole 24ore 6/12/15)

Socrate è senza dubbio, tra i grandi personaggi della tradizione del pensiero occidentale, una delle figure più misteriose e affascinanti. La atopia di Socrate, come la definisce Alcibiade nel Simposio di Platone, cioè quella sua stranezza percepita da tutti come un essere fuori posto (a-topos), o privo di luogo, o forse semplicemente come un essere fuori dal comune, non solo ha colpito i suoi contemporanei e influenzato in modo decisivo il corso della filosofia successiva (non è un caso che oltre a Platone, suo allievo diretto, all’insegnamento di Socrate si siano variamente richiamate scuole filosofiche di orientamento molto diverso, dai Cinici alla scuola Megarica e Cirenaica), ma è testimoniata in fondo anche in quella decisione quasi incomprensibile di non sottrarsi alla condanna a morte. E certo la morte di Socrate rappresenta una specie di cesura mitica, il segno fondatore di un distacco sempre possibile e presupposto tra la città e la filosofia. Il fascino e il mistero dell’individuo atopos sono poi nutriti da un altro elemento essenziale, come tutti sanno, cioè la decisione di non scrivere nulla, di affidare solo alla parola vivente, alla relazione dialogica con gli interlocutori, la propria azione filosofica. Ogni tentativo di ricostruzione del pensiero e dell’individualità di Socrate deve dunque passare attraverso le testimonianze, per nulla univoche o neutre, degli scritti di chi fu variamente a contatto con lui.

Maria Michela Sassi, nella sua godibile e vivace Indagine su Socrate, è interessata al Socrate persona, filosofo e cittadino. Il metodo usato è proprio quello di un’indagine, che deve districarsi tra documenti disponibili e noti, tra tracce indirette, indizi, e che deve saper leggere anche tra le righe, sempre indicando le poste in gioco di determinate letture. L’autrice costruisce dunque la sua indagine su alcuni nuclei di investigazione capaci di restituire il senso della personalità e dell’azione di Socrate. Un bell’esempio è dato dal capitolo sulla sua “eccezione fisiognomica”. Socrate non solo è visto come un tipo bizzarro, ma è anche brutto. Proprio all’apice di una cultura, quella ateniese, che si rappresenta come amante della bellezza e che lega indissolubilmente il bello al buono, Socrate spiazza per il suo stesso aspetto, che contesta quell’ideologia dominante pacificatrice e certamente disloca il tema della bellezza ad un altro livello. Del resto questa riproblematizzazione della bellezza non sfugge ai suoi contemporanei. La persona di Socrate viene paragonata sia alle statuine dei Sileni, che sono esteriormente brutte, ma che possono essere aperte e hanno al loro interno immagini divine, sia al satiro Marsia, addirittura ripugnante, ma letteralmente capace di incantare le persone.

D’altra parte questo “incanto” socratico poteva suscitare anche reazioni di diverso segno. Sassi riprende in esame anche la testimonianza di Aristofane, che nelle Nuvole fa di Socrate, ancora vivente, la caricatura dell’intellettuale strambo e forse pericoloso. Socrate è tratteggiato come un astuto caposcuola che insegna dietro compenso e che stupisce per i suoi insegnamenti oziosi e a volte violenti e contro la morale. Si tratta naturalmente di un’opera comica, ma rappresenta la perplessità di una parte dell’opinione pubblica di Atene di fronte allo spiazzamento socratico e forse non sarà priva di effetti se molti anni dopo, durante il processo, Socrate ricorderà, secondo Platone, come proprio con quella commedia fossero cominciate le gravi calunnie nei suoi confronti.

Indagando dunque una serie di dossier particolari, Sassi ha il merito di condurre il lettore al nucleo del pensiero di Socrate, per esempio il rapporto fin troppo rigido tra conoscenza, virtù e felicità, ma mostrando anche alcuni punti di tensione del suo metodo (come forse nel rapporto raté con Alcibiade). Il risultato è un Socrate certo sempre mediato e misterioso, ma concreto, proprio come quello del processo, che l’autrice depura di alcuni elementi troppo platonici, un Socrate che forse davvero sbaglia linea di difesa, con la megalegoria del suo parlare, cioè con un atteggiamento troppo grande, da vanteria, riconosciuto da tutti, che gli aliena il favore della giuria, o forse davvero un Socrate che decide che la difesa di tutta una vita non può che consistere in un’estrema testimonianza di sé e del proprio ruolo, fino all’accettazione di una condanna a morte.

 Maria Michela Sassi, Indagine su Socrate. Persona, filosofo cittadino , Einaudi, Torino, pagg. 242, € 23,00

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