MARTEDI 21 MARZO 2017 L’Arena

INTERVISTA. L’atto d’accusa della scrittrice e docente Paola #Mastrocola

L’ #ITALIANO #PERDUTO

Troppi ragazzi scrivono male, leggono poco e non conoscono la grammatica: colpa dell’uso distorto

di internet. «Bisogna tornare a insegnare la lingua»

#Internet è diventato il «nemico» della #scrittura in lingua italiana

«Alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente». La frase racchiude il nocciolo della lettera, che 600 docenti universitari hanno inviato al governo un mese fa. Da allora si è aperto un dibattito sullo stato della scuola italiana che ha coinvolto finalmente buona parte dell’opinione pubblica.«Meglio tardi che mai», dice Paola Mastrocola, professoressa del liceo, scrittrice e, naturalmente, firmataria della lettera. Da più di dieci anni Mastrocola lancia allarmi per quegli errori «appena tollerabili in terza elementare»: «Togliamo il disturbo» (Guanda 2010) e anche il più recente «La passione ribelle» (Laterza 2015) sono i suoi saggi più conosciuti sul tema, ora definitivamente diventato emergenza.«Certo sarebbe stato meglio agire prima, direi una quindicina d’anni fa, quando si poteva ancora invertire la tendenza nefasta e limitare i danni. Era evidente allora che la scuola stava puntando a una sempre maggiore facilità e che, anche per questioni ideologiche, aveva espunto dallo studio la grammatica e la letteratura dei classici, ritenute entrambe poco “democratiche”. Quel che io personalmente, come insegnante di liceo, osservavo all’inizio di questo millennio, era una progressiva e inarrestabile ignoranza linguistica: ragazzi che a quindici anni non sapevano mettere un apostrofo né scrivere un periodo che logicamente stesse in piedi. L’ho denunciato nei miei libri sulla scuola, e mi sono anche presa della reazionaria… (mi rimane la domanda: perché a difendere la grammatica e i classici si passa da reazionari-passatisti-nostalgici??). Oggi quindi sono felice che finalmente si presti attenzione al problema, ma sono anche stupita e incredula.Possibile che lo spirito dei tempi stia cambiando?Non so. Non so se ci sarà a breve un’inversione di tendenza, la vedo dura.Massimo Palermo e Mauro Piras hanno sottolineato come anche l’università non sia esente da responsabilità. Lei è d’accordo con queste prese di posizione?Può darsi che anche l’università non stia facendo un buon lavoro. Ma io credo che certe nozioni e certe capacità si acquisiscano da piccoli. Per quel che ho osservato io, è difficile insegnare ortografia a ragazzi del liceo, ormai è tardi, non basta neanche un anno di continui dettati. Allora la domanda è: ma perché non tornare a insegnare gli elementi di base dell’italiano, e fare dettati, alle elementari, e approfondire poi la grammatica nei tre anni delle medie e nel biennio delle superiori?Nella lettera si fa menzione all’influsso delle nuove tecnologie sulle carenze linguistiche degli studenti universitari. Nella «Passione ribelle» lei indica anche un certo modo di usare internet come la causa del discredito dello studio. In che modo internet rappresenta un rischio anche per lo sviluppo delle competenze linguistiche (soprattutto della capacità di scrivere bene e correttamente) dei ragazzi?Internet di per sé è innocente. Anzi, è un validissimo e insostituibile strumento. È l’uso che se ne fa a essere un problema. Non credo che i ragazzi, in casa, al pomeriggio, si scarichino le varie traduzioni del Re Lear per confrontarle e vedere qual è la migliore! Credo che si limitino a navigare a destra e manca perdendosi tra chat, blog, messaggi pubblicitari, e-bay e siti vari. Anche interessanti, per carità. Ma dispersivi e di-vertenti. Voglio dire questo: il nostro uso di internet, di tutti noi, giovani e adulti, è perlopiù un piacevole intrattenimento. Noi tutti ci intratteniamo con internet. Un tempo era la Settimana enigmistica o la tivù, ora è internet, ma il risultato è lo stesso: intrattenerci amenamente. Non certo agevolare il pensiero, la riflessione, come succede quando leggiamo un libro!Secondo lei la strada imboccata dalla scuola, e da lei descritta nei suoi libri, è irreversibile? L’utilizzo di internet e delle varie nuove tecnologie digitali può convivere con un ritorno dello studio nella vita delle persone e soprattutto nella scuola?Sì, è irreversibile, per il momento. Il vento tira da quella parte. Potrebbero convivere internet e cultura alta, sì, certo: se noi lo volessimo. Sarebbe molto semplice: da una parte internet agevola la nostra vita pratica, dandoci le «informazioni»; dall’altra, lo studio profondo, sulle pagine dei libri, agevola il pensiero e la «conoscenza». Basterebbe dedicare una parte delle nostre giornate a questo lato di noi, più spirituale.Ma lo vogliamo? Siamo disposti a quella concentrazione mentale (e anche solitudine, e disconnessione) che lo studio richiede? Non so. Inoltre abbiamo paura di tutto ciò che sa di antico: va subito rimodernato, riadattato, ri-formato. Tutto ciò che non sa di tecnologico ci appare vecchio, desueto: da buttare. E, soprattutto, vogliamo vite dispersive, socializzate, esternalizzate: «intrattenute», guidate da perpetui «animatori», anche virtuali.La presenza delle nuove tecnologie nella nostra società è incompatibile con lo studio e la ricerca fini a sé stessi?La vita è in mano nostra. Siamo noi che decidiamo dove e come dirigerla. Se diamo un tablet a un figlio di tredici mesi, non so… Temo che ci facciamo guidare dalle mode, dalle tendenze, dal conformismo di massa. E dagli input, occulti e meno occulti, del mercato.

Andrea Lugoboni

Un commento su “Title”

  • “il rapporto tra lingua e democrazia, tra cittadinanza attiva e competenze linguistiche si sviluppa in classe, nella costruzione di un ambiente di apprendimento positivo (non solo linguistico). “Capire le parole” richiede un curricolo verticale che metta al centro l’arricchimento del lessico, come ampliamento delle possibilità di conoscenza, di interazione sociale, di dialogo e di confronto. Quindi di democrazia”. ( Cerini)

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