Condisci il fenicottero… Cena da #Apicio chef stellato

Alla corte di #Tiberio

di LIVIA CAPPONI (La Lettura 2/12/18)

«Scotta il fenicottero, lavalo e condiscilo, poi mettilo in un tegame, aggiungi acqua, sale, aneto e un po’ d’aceto e fai bollire. Finisci di cuocere con un mazzo di porri e coriandolo, infine aggiungi un po’ di mosto rappreso per dargli colore. Nel mortaio mescola pepe, cumino, coriandolo, resina di silfio, menta, ruta, bagna con aceto, aggiungi datteri e un po’ del fondo di cottura, fai restringere, scola, copri il volatile con la salsa e servi. Il pappagallo si prepara allo stesso modo». Così consiglia Marco Gavio Apicio (25 a. C.-37 d. C.), chef stellato alla corte di Tiberio e personaggio noto per lo stile di vita sfarzoso, che servì ai romani lumache, conigli, lepri, cervi, gru, struzzi, pavoni e ghiri (e in caso di necessità, forse, anche gatti), il tutto condito con salse come la famosa esca Apicii (da cui forse deriva «scapece») o il garum, detto liquamen, la salsa a base di pesce salatissima nel gusto e nel prezzo, di cui la pasta d’acciughe o la bottarga sono i moderni epigoni. Fra le delicatezze, consigliava le murene dello stretto di Messina, le acciughe di Lipari, i muggini di Skiathos e capitanò la passione per i pesci pregiati, arrivando a pagare cinquemila sesterzi per un cefalo messo all’asta da Tiberio. Fu criticato da filosofi romani e stranieri per lo sfarzo smisurato. Plinio gli rimproverava di aver lanciato mode bizzarre, come mangiare la lingua dei fenicotteri.

Gli ebrei, che oltre al maiale evitavano molti altri animali considerati impuri, scrissero trattati contro il lusso, e sulla stessa linea i cristiani ricordavano che bisogna mangiare per vivere, non vivere per mangiare. Secondo un aneddoto satirico tramandatoci da Seneca, dopo avere avuto un tracollo finanziario che lo aveva lasciato con «soli» dieci milioni di sesterzi, Apicio si suicidò, non sopportando di vivere con così poco. Nonostante tutto, il suo manuale di cucina è giunto fino a noi: De re coquinaria (quest’anno uscito per Rusconi e per Foschi con lo stesso titolo, Antica cucina romana, e testo a fronte). Si possono provare le ricette, senza dimenticare la sua preziosa raccomandazione: non riconoscerai ciò che mangi.

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