II PUNTATA: VA PROPRIO COSI’ MALE? E LA VOCE UFFICIALE, E’ DAVVERO ALL’AVANGUARDIA E UNIVOCA, IN ITALIA E NEL MONDO?

La prima cosa da chiarire, la prima ammissione da fare è che le epoche passate (fra i trenta e i cento anni fa) non erano TOTALMENTE diverse per la quantità e la qualità dello studio nella scuola in genere. Probabilmente era un po’ diversa la percentuale di chi studiava seriamente o no, e soprattutto la severità del singolo insegnante (il che, accanto a una verità e a un rispetto maggiori, comportava spesso travisamenti, stroncature premature, malattie comportamentali, fallimenti nell’accompagnare ragazzi verso un auto-miglioramento). Libri come Pinocchio, Gianburrasca, Lettera a una professoressa e altri non sono stati scritti a caso, né da persone disinformate…

Potrei riferire (ma saprebbe di gossip) certi racconti di colleghe un tempo studentessse oneste e preparatissime su compagni di scuola, magari poi diventati loro mariti e ottimi prfessionisti.

MA CHE COSA ALLORA E’ CAMBIATO, IN UN MODO CHE E’ DOVEROSO CAPIRE E POSSIBILMENTE SANARE?

Si tratta probabilmente del rapporto tra l’ISTITUZIONE SCUOLA (parte opinabile, ma indispensabile della “REALTA’ CULTURA”) e da una parte gli insegnanti, dall’altra una vulgata

che circola fra gli alunni e anche in molte loro famiglie. Il “nodo” insomma, secondo chi scrive, sta nell’Amministrazione scolastica e nel suo rapporto con la mentalità comune italica. Tornenremo su questo specificamente e con esempi concreti nella IV puntata. Per ora iniziamo a occuparcene puntualizzando un presupposto teorico-pratico: QUELLA CHE L’AMMINISTRAZIONE MIUR INDICA COME META OTTIMALE DI INNOVAZIONE METODOLOGICA, QUASI FOSSE OVVIAMENTE L’UNICA, NON E’ TALE AFFATTO. Se chi legge prova a cercare “competenze” su internet in genere (e non su pubblicazioni – spesso proliferamti da parte delle case editrici per stare al passo e fare soldi- dedicate e specialistiche, o sul sito ufficiale del MIUR), tipo con un motore di ricerca, trova di “prima botta” ben poco: questo ben poco, dopo essersi attorto su discorsi anche buoni ma che potrebbero occupare la metà dello spazio, e che riguardano il rapporto STUDIO-APPLICAZIONE REALE IN COMPITI DI REALTA’, è costretto a riconoscere verso la fine che “competenza” è anche e soprattutto ESSERE CONSAPEVOLI DEL PERCORSO FATTO PER ARRIVARE A CONOSCENZE-ABILITA’ TEORICHE E, SOPRATTUTTO, ALLA CAPACITA’ DI APPLICARLE. Ora questo, non è mai stato così inesistente come nella scuola italiana di adesso, mentre, magari inconsciamente, era LA SCUOLA (raggiunta o pretesa dal discente) di tempi antecedenti (da 40 anni fa circa all’indietro). Posizioni come quelle di GIUSEPPE PONTIGGIA (che fu anche lavoratore non-intellettuale e insegnante di scuola media), ADOLFO SCOTTO DI LUZIO, GIULIO FERRONI sono da almeno trent’anni critiche e interlocutorie, quando non preoccupate e contrarie, riguardo la linea educativa e tecnica auspicata dall’Amministrazione, e citano abbondante bibliografia italica e straniera a sostegno della propria posizione. Gli esperti ministeriali a tale proposito di solito rispondono così: facendo finta che tali posizioni non esistano.

Esiste una complicata (dispendiosa) macchina di trasmissione fra il centro (non politico ma organizzativo-didattico) e la periferia (leggi: presidi), che dopo avere costretto i vari gradi intermedi discendenti a faticosi indottrinamenti, pretende la restituzione. E’ un po’ come quando i ragazzini spartiati, dopo anni di privazioni e scuola di guerra, entravano a essere i guerrieri e la nobiltà terriera del loro paese. E’ un po’ come quando un architetto avvenirista, pur di vedere i suoi progetti realizzati, accetta di sbatterli in un quartiere liberty cavourriano. Parlate con presidi positivamente famosi e amati da colleghi e ragazzi, che siano andati in pensione da pochissimi anni, e avrete un quadro parrèsico della situazione.

In coda: dispiace che alcune/i colleghe/i impegnate/i e preparate/i intendano l’invito didattico di cui sopra come un obbligo morale e professionale verso lo Stato e i propri superiori: questo obbligo non c’è, anzi la nostra stupenda Costituzione lo nega…

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